Non capita tutti i giorni di poter visitare un vigneto opera d’arte, un vero e proprio merletto che si snoda a tre metri da terra e da cui nasce il celebre vino rosso Malanotte del Piave DOCG. Andiamo alla scoperta della Bellussera, della sua storia e di come visitarla.
Il metodo di coltivazione della vite a Bellussera prende vita a fine Ottocento a Tezze di Piave, nella provincia di Treviso, quando i fratelli Bellussi inventano un vero e proprio eco-sistema disponendo le viti a raggi, ad oltre 2 metri da terra, attorno ad un sostegno, solitamente un reticolato di alberi di gelso, le cui foglie erano utilizzate per allevare il baco da seta, produzione molto diffusa nelle campagne dell’epoca.
L’invenzione, unica al mondo, aveva il duplice scopo di sfruttare al massimo i terreni sottostanti il vigneto per il pascolo degli animali da cortile ed altre coltivazioni, e mantenere al tempo stesso l’uva lontano dall’umidità della terra, ricca di risorgive, in modo da contrastare l’insorgere di malattie quali la peronospera.
Come le più ardite opere architettoniche, anche la Bellussera si regge su ferrei principi geometrici. Da ogni sostegno i tralci si dipartono a raggiera, per catturare più raggi di sole possibile.
(Gianni Moriani, storico)
In queste terre fertili bagnate dal fiume Piave, la storia della coltivazione della vite si perde, infatti, all’alba dei tempi quando ancora in epoca romana si trovava una delle prime strade del vino, la Postumia che collegava Genova ad Aquileia. Già Plinio il Vecchio ne elogiava i suoi vini rossi, “intensi come la pece”.
Tra questi, uno dei vitigni autoctoni del Piave, tutt’ora coltivato da alcune cantine del territorio del Piave (in particolare Anna Spinato, Antonio Facchin, Bonotto Delle Tezze, Bonotto Vini, Cantina Pizzolato, De Stefani, Le Magnolie, Le Rive, Ca’ di Rajo, Ornella Molon, Rechsteiner, Tenuta San Giorgio) che ne mantengono la tradizione, è il Raboso che trova nel Malanotte del Piave DOCG – a base per il minimo 70% di Vitigno Raboso Piave e per il massimo 30% di Vitigno Raboso Veronese – la sua massima espressione, unendo la forza di queste uve all’eleganza data dall’appassimento delle stesse in fruttaio.
Per visitarle, potete recarvi proprio nel Borgo a cui questo vino deve la denominazione, Borgo Malanotte, dal nome della famiglia un tempo proprietaria e dedita alla coltivazione delle terre circostanti, miracolosamente rimasto immutato dal suo completamento alla fine del ‘600 sino ad oggi. A poca distanza, si possono ancora vedere alcuni, bellissimi, campi coltivati a Bellusera dai produttori della zona impegnati nella preservazione di questo antico metodo di produzione, negli anni caduto in disuso a causa dei cambiamenti sociali avvenuti nella campagna veneta a favore della vita di città.
Per visite guidate e degustazioni, se la stagione lo consente sotto i filari tra i gelsi centenari, un vero spettacolo della natura, potete contattare il Consorzio Vini Venezia o uno dei produttori di Malanotte del Piave che effettua tour in Bellussera come Ca’ di Rajo, Ornella Molon e Bonotto Vini.
Il segreto
Le origini del nome Raboso sono ancora un mistero: potrebbe derivare dall’omonimo torrente che confluisce nel Piave oppure dal termine veneto “rabioso” (arrabbiato) per il suo sapore forte e deciso.