Urbex Photography in Veneto: Veneland
C’è una tendenza nel mondo della fotografia, la cosiddetta UrbEx, da Urban Exploration, o Abandoned Photography, ovvero l’arte di fotografare luoghi urbani abbandonati, che sta crescendo per numero di appassionati e mostre dedicate in tutto il mondo.
Se per lo “spettatore” la popolarità di quest’arte fotografica si riconduce alla crescente voglia di scoprire posti segreti e inesplorati, a un fotografo offre l’emozione di “cacciare” luoghi ricchi di storia e l’adrenalina di immergersi in contesti, spesso spettacolari, che emanano un’energia speciale, fatta dell’eco dei sentimenti, anche violenti, di cui questi luoghi dimenticati sono stati spettatori prima di cadere nell’oblio del tempo.
E se la fotografia è “disegnare con la luce”, i siti abbandonati, soprattutto quelli di archeologia industriale, offrono una magnifica occasione per giocare con la luce naturale che si insinua a volte leggera, spesso cruenta, attraverso le rovine di ville, castelli, ospedali, fabbriche, discoteche…
In Veneto, l’importante boom dell’industria manifatturiera, che ha fatto da traino dal secondo dopo guerra al cosiddetto miracolo economico del nord est, ci ha lasciato un’ampia eredità di questi “fantasmi” del passato. Parliamo di una moltitudine di fabbriche e location abbandonate che attirano fotografi da tutto il mondo, oltre che offrire ispirazione ad artisti e scrittori, basti pensare ai writer che in questi luoghi ci regalano i loro lavori o la recente corrente letteraria dei cosiddetti Prosecco Noir che si nutrono delle loro suggestioni.
In Veneto ci sono, infatti, alcune tra le location “maledette” più fotografate d’Italia, come per esempio l’Isola di Poveglia, spettrale ospedale psichiatrico abbandonato nella laguna veneziana, ma anche enormi siti di archeologia industriale come lo stabilimento Lanerossi di Vicenza, residuati della guerra fredda, come l’ex base dell’aeronautica USA a Cima Grappa, o sinistri parchi di divertimento. A Mogliano, in provincia di Treviso, si trova Veneland, parco giochi creato negli anni ’70 e completamente abbandonato agli inizi degli anni ’80, a cui si riferiscono tutte le fotografie della gallery, che negli anni è stato ricoperto di graffiti e stencil che contrastano, scenograficamente, con quel che rimane delle attrazioni per bambini: la pista da pattinaggio, la pizzeria, il trenino su rotaia, l’immensa porta a forma di Ponte di Rialto.
Tra i murales, spuntano anche opere di artisti famosi: è il caso dei ritratti (di rapper, attori, uomini di scienza…) realizzati con la tecnica dello stencil da Jah, pittore, writer e street art performer di Treviso che, un passato da restauratore, ha trovato in quest’arte, già protagonista di mostre e festival di street art in diverse città italiane, la perfetta forma espressiva per portare bellezza in luoghi dimenticati (prendendo quindi le debite distanze da ogni atto di vandalismo o deturpamento di edifici) o sottolineare, fedele alla logica della “conservazione” e del rispetto urbano, atti distruttivi passati inosservati (foto 10, 11 e 16 nella gallery). Come scrive di lui Beatrice Calamari “..un po’ come a voler “restaurare” tutto ciò che rende vivo un essere umano, i suoi “graffi” di vernice sono, certamente, un efficace antidoto contro l’indifferenza.”
E se a Berlino è appena nato il primo Museo di Street Art al mondo, Urban Nation, per chi ama questo tipo di fotografia, in Veneto nel 2014 è nata un’associazione, I luoghi dell’Abbandono creata dal fotografo vicentino Devis Vezzaro, che censisce i siti “abbandonati” e organizza eventi e anche vere e proprie visite guidate (previo consenso della proprietà degli immobili/aree coinvolte) dedicati alla fotografia UrbEx secondo il motto “Take nothing but pictures, leave nothing but footprints” nel rispetto di una storia troppo spesso dimenticata.
Dal 17 febbraio al 26 agosto 2018, la sua arte è in scena a Vicenza all’ex caserma Borghesi dove ha curato la mostra “Il silenzio assordante di Chernobyl”: 4 mila metri quadrati di fotografie, video, installazioni e stanze allestite che ricostruiscono il più grande incidente nucleare della storia. Anche in questo caso, un modo per riflettere su un passato ancora attuale e sul tema del recupero di emozioni, luoghi, ma forse, soprattutto, valori.