La storia segreta delle perle di vetro a Venezia
Dal 2020 l’Arte delle perle di vetro è iscritta nella Lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale UNESCO. Un importante riconoscimento che ci offre l’occasione di raccontarvi una delle storie più affascinanti al mondo: è quella delle perle veneziane, romanticamente avvolta da magia e fascino di terre lontane.
La leggenda narra, infatti, che sia stato Marco Polo, al suo ritorno dalla Cina nel 1295, a svelare le potenzialità dei mercati del lontano Oriente per la diffusione delle perle di vetro veneziane. Leggenda o meno, è un fatto storicamente accertato che le perle di vetro vengono prodotte a Venezia fin dal XIII secolo e che, nei secoli successivi, ne sia stato fatto un intenso commercio soprattutto con i porti del Levante. Per capire l’importanza delle perle veneziane, basta raccontare che esse sono il bene che più nei secoli ha mantenuto intatto il suo valore nel tempo ed anche quello che ha avuto una maggiore diffusione al mondo.
E se oggi il riconoscimento UNESCO sancisce l’importanza della cultura “immateriale” legata alle perle come insieme di valori positivi, non è sempre stato così, in quanto spesso la storia ne ha purtroppo fatto anche un uso “materiale”.
E’ all’epoca dei traffici con le Americhe, le Indie e poi nel periodo del colonialismo in Africa che le perle diventano, infatti, una delle più preziose merci di scambio al mondo, utilizzate, perché molto apprezzate per la loro bellezza e valore “intrinseco”, come unità di scambio nei commerci con le popolazioni locali laddove mancava una moneta comunemente accettata.
Le fondamenta della città di NY, per fare un esempio, sono “costruite” sulle perle veneziane: prima di diventare Nuova York era, infatti, una piccola città fortificata che si chiamava Nuova Amsterdam e che fu comprata, nel 1626, dalla Compagnia Olandese delle Indie Occidentali proprio con uno scambio di perline, in particolare di perle “rosette” (chevron in inglese), le più famose di tutte e le più ricercate dai collezionisti. Bianche, rosse e blu, furono inventate da Marietta Barovier proprio per essere destinate alle colonie ed ancora oggi si possono ancora vedere addosso, in bellissime collane tribali, agli sciamani e capi tribù di varie zone dell’Africa. Si dice che le perle riescano a catalizzare l’energia di chi le ha indossate, ecco perché collane antiche, come quelle indossate dagli sciamani o usate per riti voodu, sono oggi davvero preziosissime.
Ma ci sono anche esempi virtuosi, come il coloratissimo popolo dei Krobo, nel Ghana, che ancora oggi riproduce le perle in stile veneziano che usano nelle loro occasioni di socialità, utilizzandole quindi per accrescere un positivo senso di comunità.
Venezia detiene, fino agli anni ’20 del Novecento circa, il monopolio della fabbricazione delle perle in vetro (finché non vengono inventati materiali più economici per riprodurle) tanto che proliferano diversi mestieri ad esse legate, come i maestri vetrai che in fornace realizzano la canna rosetta forata, i molatori che modellano le perle da canna vitrea forata mediante utilizzo di mola ad acqua, i perlai che creano la perla, e le impiraresse (da impirar, ovvero infilare in dialetto locale).
Quest’ultime erano generalmente donne che per arrotondare lo stipendio della famiglia infilavano minuscole perline, dette “conterie”, in matasse (bundles) per un duplice scopo: verificare che esse fossero bucate (e quindi non difettate) e per trasformarle nell’unità di misura di riferimento, ovvero una matassa che equivaleva fino a ½ kilo di merce di scambio.
Una storia, quella delle perle veneziane, che oggi non smette di ispirarci e farci sognare. Il Riconoscimento UNESCO è stato ottenuto, infatti, grazie ad un gruppo di perlai e impiraresse che non si sono mai arresi, autofinanziandosi, per lottare contro il pericolo dell’oblio di questa nobile arte causato da anni di souvenir a basso prezzo e sterili speculazioni. Questo gruppo, che si è fatto portavoce dell’intera comunità italiana del comparto, ottenendo il riconoscimento UNESCO, si chiama Comitato per la Salvaguardia dell’Arte delle Perle di Vetro Veneziane ed è rappresentato, in particolare, dalla sua Presidente Cristina Bedin e dalla Vicepresidente Marisa Convento, una delle “ultime” impiraresse.
E’ grazie a loro se, forte di 1000 anni di storia, l’arte delle perle di vetro veneziane potrà continuare a vivere per sempre e a renderci fieri di una tradizione davvero unica al mondo che oggi vuole essere, soprattutto mediatrice di dialogo, amicizia e scambio di cultura tra i popoli.