Le Wunderkammer e i leggendari esploratori veneti
La parola “esploratore” ci rimanda inevitabilmente alla mitica Royal Geographical Society, fondata nel 1830 e tutt’ora operante a Londra, che ha finanziato alcuni tra i viaggi d’avventura più famosi al mondo: quello alla ricerca delle sorgenti del Nilo condotto da Richard Francis Burton (a cui si ispirò Harrison Ford per il suo personaggio di Indiana Jones) e John Speke o quello di David Livingstone che esplorò il cuore dell’Africa scoprendo le Cascate Vittoria.
Nell’800, complice la nascita della ferrovia e dei battelli a vapore e quindi l’opportunità di spostarsi più facilmente, esplode un altro fenomeno collegato ai viaggi d’esplorazione: quello delle Wunderkammer, ovvero stanze delle meraviglie o gabinetti delle curiosità, dove venivano esposti per amore del collezionismo o mero esibizionismo oggetti curiosi, esotici, rari raccolti durante viaggi intorno al mondo. Si tratta del primo seme di sviluppo dei musei perché è proprio con la donazione da parte di famosi collezionisti di intere raccolte private, affinché fossero fruibili al pubblico dopo la loro morte, che nacquero appunto le prime esposizioni pubbliche permanenti.
Un fenomeno che oggi sta tornando più che mai di moda soprattutto grazie a famosi artisti contemporanei, in primis Damien Hirst che si è spesso ispirato al tema del collezionismo e dei cabinet of curiosities tanto da aver creato opere come “Last Kingdom” che interpretano l’iconografia classica delle collezioni di farfalle o l’aver fatto della tassidermia (ovvero la tecnica per la conservazione di animali morti, che consiste nel trattamento della pelle con sostanze conservative, e nella successiva imbottitura e armatura della stessa in modo da conferire agli animali l’aspetto e la postura di quelli vivi) una delle sue tecniche artistiche, Fiona Hall (come non ricordare la sua installazione nel padiglione Australia alla Biennale di Venezia 2015?), o il meraviglioso Studio d’Arte Mirabilia dell’artista Gigi Bon a Venezia.
Andando alle origini delle Wunderkammer, ci immergiamo nella leggenda dei più celebri esploratori veneti per scoprire che alcuni di loro hanno davvero compiuto imprese di fama mondiale. Lo scrigno che custodisce la loro storia e lascito all’umanità è il Museo di Storia Naturale di Venezia, un luogo davvero magico che raccoglie straordinarie collezioni scientifiche.
Un’ampia sezione è, infatti, dedicata all’esploratore Giovanni Miani (Rovigo, 1810 – Africa Centrale, 1872) che, punito con l’esilio dalle autorità austriache causa il suo impegno a favore dell’indipendenza di Venezia, tra le varie imprese, capitanò anche un’audace spedizione alla ricerca delle sorgenti del Nilo (pensare che partì ultra quaratenne, davvero ai sogni non vi è limite, di tempo perlomeno!). Soprannominato Leone Bianco dalle tribù locali, portò in Italia una mirabile collezione di reperti legati agli usi e costumi delle popolazioni con cui entrò in contatto, tra cui la mummia di una probabile sacerdotessa ed il suo corredo funebre di coccodrilli imbalsamati risalenti al III sec. a.C.
Le sale più impressionanti sono quelle dedicate al conte veneziano Giuseppe de Reali (1877 – 1937), esploratore e cacciatore, che ha donato al Museo le sue collezioni di oggetti coloniali, trofei di caccia grossa e fotografie raccolte durante le tante spedizioni in Africa e che hanno reso possibile la conoscenza di molteplici aspetti etnografici e naturalistici inediti del continente. Le Sale dei Trofei, tra teste di animali feroci, corna e pelli, sono una perfetta ricostruzione da brivido di come gli oggetti erano originariamente disposti nella villa del conte a Casier di Treviso.
E arriviamo così alle sale che conservano il lascito dell’esploratore e antropologo contemporaneo a cui il Veneto deve forse essere più grato: Giancarlo Ligabue (Venezia, 1931 – 2015), paleontologo ed archeologo, presidente del Museo di Storia Naturale per un lungo periodo (celebre anche per la sua amicizia con Piero Angela con cui ha realizzato meravigliosi documentari) che nel corso delle sue oltre 130 spedizioni alla ricerca dell’origine della vita ha compiuto innumerevoli scoperte, tra cui l’identificazione di una nuova specie di dinosauro, l’Ouranosaurus nigeriensis, rinvenuto nel deserto del Niger nel 1965, il cui imponente scheletro è conservato nella prima sala del Museo.
E finalmente, seguendo il percorso museale, si giunge alle Wunderkammer: la prima, ottagonale, riprende lo stile cinque-seicentesco, con vetrine piene di oggetti strabilianti: farfalle e animali rari, collane tribali, teste rimpicciolite tsantsas. La seconda stanza delle meraviglie è, invece, in stile ottocentesco con raccolte sistematiche, di più chiaro uso scientifico, divise in teche e scaffali che si differenziano per le classificazioni tipiche dell’epoca: insetti, uccelli, pesci, minerali, preparati anatomici…